Valutare il rischio aggressione in una struttura sanitaria - Tecnico della Prevenzione

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Valutare il rischio aggressione in una struttura sanitaria

La violenza nei confronti dei Professionisti sanitari è un fenomeno di rilevanza mondiale per dimensioni e gravità, riconosciuto come un importante problema di Salute Pubblica nel mondo (World Health Organization, 2002).
Una delle definizioni più affermate, è stata avanzata dal National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH), che definisce la violenza sul posto di lavoro come “ogni aggressione fisica, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica sul posto di lavoro”. Il fenomeno interessa prevalentemente le attività che prevedono un contatto con il pubblico, tra queste: la sanità, l’assistenza sociale, i trasporti e altri servizi (es. ispezioni, interruzione di servizi, riscossione, vigilanza).
Dati di letteratura dimostrano che una persona che lavora nel campo della sanità è esposta circa sedici volte di più al pericolo di incorrere in situazioni di aggressioni o violenze rispetto a qualsiasi altro lavoratore. Qualsiasi operatore sanitario può essere vittima di violenza, tuttavia le figure più a rischio sono rappresentate da infermieri, operatori sociosanitari e medici. Si tratta di figure che, oltre ad essere a contatto diretto con il paziente, sono chiamate a gestire rapporti caratterizzati da una condizione di forte emotività da parte di soggetti che vivono uno stato di vulnerabilità e frustrazione. Il dolore, prognosi infauste, ambienti non familiari, alterazioni mentali e dell’umore legate a farmaci e alla progressione della malattia possono essere all’origine di comportamenti agitati e violenti.
Le aggressioni sul lavoro rappresentano uno dei cosiddetti “rischi emergenti” su cui negli ultimi anni si è focalizzata l’attenzione, sia a livello nazionale che internazionale, come testimoniano gli esiti di numerose ricerche sul tema e la frequenza dei fatti di cronaca riportati dai mass media. Come tutti i rischi emergenti, anche il rischio aggressioni presenta difficoltà di approccio e gestione, non essendo ancora regolamentato puntualmente, come altri rischi “tradizionali”, pur essendo la sua valutazione imposta dal Testo unico in materia di salute e Sicurezza sul lavoro (noto anche con l’acronimo TUSSL) Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n.81.
Per quanto concerne il nostro Paese, il riferimento legislativo principale rispetto a questa tematica rimane il D. Lgs. 81/08 e nello specifico l’articolo 28, nel quale si sottolinea che la valutazione deve riguardare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”, tra i quali rientra certamente il rischio aggressione. Allo scopo di limitare gli effetti sempre più importanti, negli ultimi anni sono state emanate diverse Linee Guida, Buone Prassi e Raccomandazioni da parte di Associazioni di categoria e del Ministero della Salute.
Il “ Vacatio legis” è stato in parte colmato lo scorso Agosto dal Parlamento, approvando la LEGGE 14 agosto 2020,
n. 113, o meglio nota “Legge antiviolenza”. Infatti, il testo ha previsto un inasprimento delle pene. In caso di aggressioni sono stabilite le pene di reclusione fino a 16 anni e sanzioni fino a 5.000 euro. Inoltre, devono essere previsti protocolli operativi con le forze di polizia per garantire interventi tempestivi in caso di eventi aggressivi. Infine, è stato anche istituito l ‘Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie presso il Ministero della Salute e che dovrà essere costituito, per la sua metà, da rappresentanti donne.

Dott. Luigi Fasanella

Tecnico della prevenzione – ASL LECCE – Unità Operativa: SISP AREA NORD (Igiene e sanità pubblica)

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